Donne straniere e Gender Pay Gap
Sembra assurdo ai giorni nostri dover parlare di discriminazione e disparità fra sessi, eppure, nonostante i progressi compiuti, nessun Paese del mondo ha ancora raggiunto l’uguaglianza di genere.
Data la rilevanza della questione la Commissione europea ha recentemente adottato un’ambiziosa strategia volta a raggiungere un’Europa in cui la parità di genere sia la regola.
Ma che cosa si intende nello specifico con gender gap e gender pay gap?
La prima definizione si riferisce al divario esistente fra genere maschile e femminile con particolare riferimento alla differenza tra i sessi in ambito sociale e professionale.
Il gender pay gap, invece, indica la differenza tra la retribuzione di uomini e donne a parità di ruolo e di mansione.
Esistono due tipi di gender pay gap:
- Grezzo: basato sulla differenza media della retribuzione lorda oraria, al lordo della tassazione e della contribuzione.
- Complessivo: che tiene in considerazione il salario orario, il numero medio mensile delle ore retribuite e il tasso di occupazione femminile.
Calcolare il gender pay gap risulta piuttosto difficile per via delle diverse modalità di misurazione delle retribuzioni nei vari paesi.
Esistono inoltre degli elementi che influenzano l’ammontare del salario, ma che non possono essere inclusi nel calcolo con i classici criteri usati sul mercato del lavoro.
Gender gap in Italia
Se andiamo ad analizzare i dati relativi al Gender pay gap “grezzo’’ l’Italia risulta essere uno dei Paesi più virtuosi d’Europa.
La differenza salariale tra uomini e donne è pari al 5.6% su una media europea del 13.8%.
Nonostante questo dato confortante la realtà dei fatti è ben diversa.
Prendendo in considerazione altri fattori, come il gran numero di settori con prevalenza di personale femminile nei quali le retribuzioni sono più basse rispetto ad altri settori, il numero mensile delle ore retribuite o il numero dei lavoratori part time e il numero di donne in posizioni dirigenziali, la differenza salariale complessiva passa al 43.7% su una media europea del 39%.
La situazione delle donne straniere
Nel nostro Paese la situazione occupazionale delle donne straniere è piuttosto complessa.
Quest’ultime sono esposte a particolari situazioni di marginalizzazione e vulnerabilità.
E’ vero che il Covid ha colpito tutta la società, ma alcune categorie sono state più danneggiate di altre.
Il calo dell’occupazione ha riguardato innanzitutto gli stranieri, tra loro le più penalizzate sono state le donne (-10,0%).
Più della metà delle lavoratrici straniere lavora in settori poco tutelati e particolarmente esposti alla precarietà e alle restrizioni.
Tre sono le principali professioni: collaboratrici domestiche, badanti, addette alla pulizia.
Sul calo dell’occupazione femminile straniera ha pesato anche la lentezza con cui procede la regolarizzazione relativa al settore domestico.
A fine luglio 2021 solo il 27% delle domande è giunto a definizione con il rilascio di un permesso di soggiorno.
Considerando, dunque, il ruolo svolto delle donne straniere nel garantire la sostenibilità del welfare italiano, diventa imperativo attuare politiche nazionali e locali tese al riconoscimento del valore sociale di tali mansioni e ad incidere sulle cause di fenomeni di segregazione e di discriminazione salariale.